L’acquisto del drappo di colore scarlatto, dal quale la corsa ha derivato il nome, è stabilito dal secondo Statuto del Comune di Parma (1259-1304), dove, inoltre, un tratto di strada fuori Porta Nuova è designato con l’espressione il luogo dove si tiene lo Scarlatto.
Successivamente, le prime notizie relative al Palio di Parma sono quelle documentate dalle Cronache del 1313 o 1314 di Giovanni del Giudice, il quale parla della "Corsa dello Scarlatto da di fuori della Porta detta Nova alla Piazza Comune" che si teneva il 15 agosto, festività dell’Assunzione di Maria Vergine, a cui è dedicata la Cattedrale cittadina.
Nel Chronicon si ricorda come Ghiberto da Correggio, allora signore di Parma, stabilisca la pace con gli oppositori e, per solennizzare l’evento, disponga che il rientro in città dei fuoriusciti avvenga in occasione della corsa del Palio. Con questo accordo, rinforzato dal fidanzamento con Maddalena Rossi - figlia del suo acerrimo nemico -, Ghiberto assicura alla città quella pace da tutti invocata e necessaria al signore per mantenersi al potere.
Interessante scoprire che “lo scarlatto” fu uno fra i più antichi e celebri palii che si correvano nei comuni, evento con usi e gare analoghi a quelli di altre località del centro e nord Italia.
Non conosciamo esattamente l’anno in cui venne corso per la prima volta il Palio, ma era ben radicato nel tessuto sociale grazie anche alle tradizioni precedenti: l’albero della cuccagna ai cui premi ambivano i più umili, l’hastiludio (combattimenti di aste, bastoni o giochi forse di bandiere) e le giostre equestri con lance cortesi detti bagorda (o bigorda).
Alla manifestazione, a cui accorrevano in gran numero anche da altre città italiane, era legato un diffuso sentimento di Pace, situazione raggiunta e mantenuta con estrema difficoltà ed enormi sacrifici per quei tempi.
Anche gli Statuti comunali dal 1316 al 1346 regolamentano dettagliatamente la disputa del Palio nell’ambito delle cerimonie per la Madonna d’Agosto.
Alla metà del XIV secolo avviene la sottomissione di Parma a Milano. Visconti e Sforza mantengono le celebrazioni dell’Assunta, e con esse il palio, introducendo tuttavia alcuni cambiamenti: nel 1467 viene assegnato al vincitore di una giostra; nel 1489 corrono lo Scarlatto i cavalli Bàrberi, mentre uomini, donne e asini si contendono rispettivamente i meno preziosi panni turchino, verde e bianco. L’ultimo ricordo del palio in queste forme risale al 1525.
Sotto i Farnese (1545-1731) e i primi Borbone (1748-1802) il palio è sostituito da occasionali corse di cavalli (corse dei Bàrberi); ogni sorta di manifestazione cesserà poi del tutto durante la dominazione francese.
Le uniche notizie che abbiamo sono quelle che ci provengono dal libro di Ireneo Affò, che cita appunto il Palio di Parma incidentalmente in occasione delle nozze di Engelenda (detta Maddalena) e Giberto da Correggio.
Trovi le righe che lo riguardano alla pagina 193 del libro in questione (anno 1314) (clicca qui).
Giberto da Correggio
Nacque dalla nobile famiglia dei Da Correggio, il cui nome deriva dal feudo nella bassa reggiana. Molto ambizioso, fin da giovane progettava di unire sotto il proprio dominio le città di Parma, Piacenza, Cremona e Reggio. Nel 1303 riuscì a riappacificare la città di Parma, sempre in preda alle lotte tra le diverse famiglie e per questo venne acclamato dal popolo come Signore, con il titolo di "difensore della città e conservatore della pace". In questa occasione richiamò dall'esilio diverse famiglie nobili, tra cui i Sanvitale, ma non i Rossi, suoi acerrimi nemici.
La pace durò comunque poco, tanto che accusandolo di congiurare contro di lui, fece condannare alla decapitazione in piazza Ghiaia il nobile Magnano da Cornazzano considerato un eversivo. Chi veramente cercava di porre fine alla sua signoria erano però i Visconti di Milano, i Dalla Scala di Verona, i Bonaccolsi di Mantova, ma anche le famiglie parmigiane dei Ruggeri, dei Rossi e dei Sanvitale stessi.
Nel 1311 l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, lo invitò alla propria incoronazione in Sant'Ambrogio a Milano, nominandolo cavaliere.
In quella stessa occasione, Giberto consegnò all'imperatore un oggetto di inestimabile valore: la corona del Sacro Romano Impero, custodita dal 1248 in Duomo a Parma. I parmigiani l' avevano infatti presa a Federico II di Svevia sconfitto dopo aver assediato la nostra città per oltre sei mesi con l'intenzione di raderla al suolo. Nonostante il dono, Enrico VII gli chiese di permettere alle famiglie dei Lupi e dei Rossi di rientrare a Parma, cosa che avvenne.
La pace non durò comunque a lungo, tanto che i Rossi dopo un paio di mesi lasciarono nuovamente la città per arroccarsi nei loro castelli del contado.
Proprio nel tentativo di porre fino alle lotte, nel 1314 Giberto sposa Engelenda (detta Maddalena) Rossi di San Secondo.
Nel 1316 viene però definitivamente deposto al grido di "viva il popolo e muoia Giberto da Correggio". Il potere venne ridato alle arti e al comune di Parma. Giberto morirà nel 1321, e dopo la sua morte fu proprio un Rossi di San Secondo, l'odiato Rolando, fratello della sua sposa a dominare su Parma.
Engelenda (detta Maddalena) Rossi di San Secondo
Di Engelenda non sappiamo molto. Sappiamo però che era dotata di grande bellezza e numerose virtù, come tutte le ragazze dei Rossi di San Secondo. La sua ascendenza nobile era indubbia, potendo contare tra i propri avi, i Da Carrara, ovvero la famiglia più potente di Padova, e i Fieschi, signori di Genova. Proprio da questi ultimi derivava la sua parentela diretta con Papa Innocenzo IV, che altro non era che il fratello della bisnonna. Quest'ultimo aveva trascorso la giovinezza proprio a Parma sotto la guida del Vescovo Obizzo Sanvitale e fu il primo a permettere ai cardinali di indossare un cappello rosso.
Giberto ed Engelenda ebbero diversi figli insieme, tra cui Giovanni e Donella. Morì nel 1340.